La Colonia felice: utopia lirica (terza edizione)
Pel gèmito delle foreste e la notturna paura, per traccie che a lui solo èran vie, il rapitore cammina e cammina, ancor nell'abbrivo della intrapresa
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Nebbioso levò a lui una faccia sì traboccante d'innamorato dolore che il ribrezzo di Gualdo dovette cèdere tosto ad un senso di compassione, di
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espugnato; pur, questa volta, non era bisogno di pane; era un altro bisogno, non meno forse imperioso, quello di un viso non suo. Chè lui serrava una voglia
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alla porta di una capanna sua, in sui ginocchi una bimba che, a lui dormiente, gli si potèa sicura addormentar fra le braccia; una bimba cinquenne
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, aggricciando e gemendo: - Ah sapessi chi sono! - Quello che io amo! - esclamò la fanciulla, riaviticchiàndosi a lui. - Non toccarmi! - egli oppose
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Era il Beccajo rimasto come folgoreggiato: era caduto il fucile di lui, e, cadendo, esplodeva. Gli altri, Làzaro il Guercio e Sergio il Ranza, avèano
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sprofondando nella di lui consapèvole ànima diventò di rimpròvero, e: oh vieni con noi! - esclamò - ti vorrem tutti bene. Io te ne voglio già, io. - E
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. Ciascuno a suo senno. Chi non vuol stare con mè, chi non mi vuole per capo ... peggio per lui! si pigli ciò che gli tocca, e ... vada. Ampia è la
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era la pietà degli altri, s'impadroniva di lui, lo forzava a riguadagnare con doppia foga la titubata via, inorgoglièndolo perfino del suo sacrificio
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, battendo i calci delle lor carabine, e gridando: noi! - E allora ... all'inferno voi ... lui ... tutti! - eruppe il Beccajo - Tu il capo? tu
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- ripigliò Aronne, parlando alle otto coppie di sposi, che si schieràvano dinanzi a lui braccio a braccio - or che le sedie son prese, chi scavalca